Nei giorni scorsi mi sono imbattuto in questo articolo, ripreso anche da Roberto Saviano, dove si evidenzia il fenomeno dell'emigrazione dei giovani laureati e il conseguente mancato ritorno economico dell'investimento effettuato dai contribuenti italiani. Devo dire che i numeri riportati sono veramente impressionanti e sono sicuro che questi numeri non siano in grado di descrivere totalmente il fenomeno osservato.
Sicuramente posso affermare di avere una grandissima stima nei confronti dei miei coetanei e non che scelgono di mettersi in gioco e partire. La decisione che prendono non è sicuramente facile, si tratta di recidere il cordone ombelicale collegato intrinsecamente al nostro essere in quanto italiani. La mia stima nei loro confronti è incondizionata perché questo cambiamento permetterà loro di ampliare gli orizzonti, di vedere le cose in un'ottica globale, di apprendere una nuova lingua, un nuovo stile di vita e una nuova cultura, permetterà loro di avere una nuova "casa".
Ma perché io dovrei partire? Perché non posso pensare che le cose in Italia possano andare diversamente? Perché non posso pensare di trovare la mia strada qui? Conosco alcune persone che ce l'hanno fatta che sono riuscite a trovare quello che cercavano. Mi sembrano felici e appagate e non hanno avuto bisogno di emigrare. Sicuramente non sarà stato facile, sicuramente qualcuno avrà dato loro una mano ma sicuramente il loro essere imprenditori di se stessi li porterà a effettuare scelte verso una nuova e più sana società.
Se potessi fare un appello mi rivolgerei a questi nuovi emigranti e direi loro:
"Non andatevene, aiutateci a rendere l'Italia un posto migliore!"
Non sarà sicuramente un compito facile ma con l'impegno e la buona volontà ce la si può fare perché il futuro dipende da noi.