mercoledì 3 giugno 2015

In Italia serve studiare?

Quando, inevitabilmente, si cadeva sul discorso studio e lavoro in Italia, mi piaceva riportare scherzosamente una battuta di Checco Zalone dal film "Che bella giornata":


Checco Zalone: "Un giorno capirai tante cose di questo paese. Qui si sta bene Farah! Tu studi vero?"
Farah: "Si."
Checco Zalone: "Non serve a un cazzo qui!!!"

Oggi però ho ritrovato, sepolto in mezzo a un sacco di opuscoli rimediati in fiera, un ritaglio di giornale che la mia ragazza mi aveva portato da leggere e che io non avevo mai letto. Vorrei riportarlo integralmente qui perché mi ha fatto riflettere molto.


La voce dei maestri

Moni Ovadia, autore teatrale e musicista, ci parla del rapporto con lo studio rivolgendo un augurio alle matricole che iniziano i loro studi a Padova e a quanti hanno fatto dello studio un impegno di vita.

Vi accingete ad entrare in uno di quelli che io considero fra i momenti più fertili della vita: lo studio universitario. Un po' vi invidio, per molteplici ragioni, perché non ho vissuto quel periodo come avrei voluto, anche se è stato un periodo frenetico e molto divertente della mia esistenza. Perché dico che è uno dei momenti più fertili? Perché lo studio e la capacità di studiare, imparare a studiare, stabilire una relazione non agita ma propria con lo studio, sono grandi privilegi della vita. Vengo da una cultura, quella ebraica, che ha nello studio forse il suo momento più intenso. Il paradiso ebraico - di cui peraltro si parla pochissimo - è immaginato come un luogo in cui si studia. Si studia la Torah naturalmente, si studia non solo per imparare e ricevere informazioni ma anche per costruire il proprio profilo, la propria personalità. Il nostro Talmud dice che "il mondo riposa sull'alito dei bambini che studiano"; lo studio è ritenuto tanto importante da reggere l'universo, da permettergli di appoggiarsi, di non doversi autosostenere perché c'è qualcosa che lo sostiene: l'alito di chi studia, in particolare dei bimbi piccini, perché sono il futuro. Ora voi siete un po' più grandi e dovete scegliere come orientare il vostro studio; dare consigli è una cosa disdicevole, anzi un po' sconcia, tuttavia mi permetterò di fare almeno una riflessione. È bene che il rapporto con lo studio sia scelto non solo con le logiche professionali, dei maggiori vantaggi pratici e tecnici: io ritengo che lo studio debba partire dal cuore, dall'anima, da una visione più alta e più profonda della vita. Non si tratta solo di studiare per un breve periodo ma di costruire la capacità critica, di rapportarsi al mondo e agli altri. L'apprendimento tecnico può avvenire in corso d'opera ma non così per la capacità di pensare, la capacità di guardare nelle parole, di guardare nei fatti, la capacità di continuare a studiare.
Una delle cose più tristi infatti è considerare l'università un periodo chiuso e pensare: "va bene, ho studiato in quell'epoca: è stato più o meno divertente, più o meno faticoso, più o meno frustrante ma è finita. Basta, adesso mi occupo di altro". Sarebbe davvero un grandissimo peccato, uno scialo nella vita. Nel Talmud, che è un libro critico dialettico, fatto di migliaia di discussioni di grandi maestri, discussioni non chiuse, che si possono riaprire, non c'è la pagina uno. Il Talmud comincia dalla pagina due. I nostri maestri ci dicono: questo è perché tu sappia che quando hai chiuso l'ultima pagina non hai ancora aperto la prima ... e il Talmud è composto da quarantacinque poderosi volumi. Che cosa significa questo? Che lo studio non è mai concluso, che studiare è una gioia, che studiando si rinnova la capacità di costruirsi: è il rapporto con se stessi che migliora. Anche in momenti difficili, anche quando le finanze scarseggiano, la capacità di studiare è una ricchezza che non ha bisogno di finanziamenti. È una risorsa interiore, è una risorsa della persona che lo accompagna per tutta la vita, nei momenti buoni come nei momenti difficili; è la capacità di stabilire attraverso lo studio un percorso interiore: il più importante, il vero viaggio della vita. È un patrimonio inestimabile.
Mi auguro che voi abbiate grande successo in ciò che volete fare ma che accanto a quel successo, attraverso lo studio, sappiate costruire una prospettiva che non è dettata né dalle contingenze sociali, economiche o professionali, né dall'esterno, né dalle aspettative della vostra famiglia o da altro, ma che è dettata dal vostro desiderio di vivere una vita consapevole, cosciente, alta. Una vita che si rimetta sempre in questione per conquistare altre prospettive o per rendere più luminosi gli orizzonti che già avete conquistato. Spero magari di potermi confrontare con qualcuno di voi fra qualche anno, per capire come ha vissuto lo studio, quali sono stati i risultati delle sue scelte; ogni incontro, ogni confronto con chi studia è fonte di apprendimento, anche per i più sapienti fra gli uomini. Naturalmente se volete accedere ad una relazione alta cercate buoni maestri ci sono anche oggi, più celati forse o talora molto celati, ma è una buona cosa cercarli, affinando l'ascolto per individuarne la voce. Incontrare o maestri significa poterlo diventare per altri, ed è importante perché in questo mondo molto svilito, che vive una sorta di costante ipertrofica del presente (il finalismo del guadagno, del consumo, della produzione), noi non pensiamo più al futuro. Invece la costruzione del futuro è un nostro dovere e anche un nostro privilegio. Perché è questo che ci garantisce l'immortalità: iscriverci nel cammino delle generazioni future e sapere che una minima, pur piccola parte di noi continuerà a camminare dopo di noi. Lo studio è lo strumento principale per entrare in questa prospettiva. Naturalmente lo studio deve essere sempre commisurato a una relazione etica con la vita, perché la vita non sia spreco, perché la vita sia impegno, perché la vita abbia senso: una vita insensata a mio parere è una vita sprecata e questo è e sarebbe molto doloroso.
Per tutti i vostri studi in bocca al lupo! Non fatevi angosciare, tanto non serve, vivete lo studio come una chance e non come una condanna, perché se dovete studiare, tanto vale farlo con entusiasmo. Ogni felicità.

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